Psicoterapia e Scienze Umane
Programma dei
Seminari internazionali 2019
I Seminari internazionali sono così articolati: relazione introduttiva, gruppi di discussione, discussione generale in plenaria. Obiettivo dei Seminari è fornire stimoli ed elementi di formazione permanente su temi di teoria psicoanalitica, teoria della tecnica e scienze umane. Ogni Seminario ha un coordinatore responsabile dell’organizzazione. I Seminari Internazionali si tengono a Bologna, con inizio alle ore 14,30 e termine alle ore 19,30. E’ prevista l’assegnazione di crediti ECM. Per informazioni e/o iscrizione: comelli.dante@gmail.com
Date, relatori, titoli
19 Gennaio Fethi Benslama (Paris). Le rimozioni fondative dell’istituzione islamica e il loro ritorno in epoca moderna.
16 Febbraio Alex Pagliardini (Roma). Lembi di reale.
16 Marzo Andrea Baldassarro (Roma). L’opera del negativo. Distruzione e costruzione della realtà.
13 Aprile Marianna Bolko e Berthold Rothschild (Bologna e Zurich). Il pensiero politico negli scritti di Paul Parin.
18 Maggio Peter Cryle (Queensland, Australia). Osservazioni sulla normalità.
19 Ottobre Francesco Bottaccioli (Roma). La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) e l’epigenetica per il rinnovamento delle scienze e delle pratiche psi.
16 Novembre Alessandro Garella (Napoli). Storia dei fattori di cura.
Presentazione del Programma 2019
All’inizio del suo ultimo libro (L’innominabile attuale, Adelphi, 2017), Roberto Calasso osserva: “Negli anni fra il 1933 e il 1945, il mondo ha compiuto un tentativo di autoannientamento, parzialmente riuscito. Quello che venne dopo era informe, grezzo e sempre più potente (…) Auden intitolò L’età dell’ansia un poemetto ambientato in un bar a New York verso la fine della guerra. Oggi quelle voci risuonano remote, come se venissero da un’altra valle. L’ansia non manca, ma non prevale. Ciò che prevale è l’inconsistenza, una inconsistenza assassina. È l’età dell’inconsistenza”. Due anni prima, Christopher Bollas al 49° Congresso IPA dal titolo: “Changing World: the shape and use of psychoanalytical tools today”, Boston, 22-25 luglio 2015, aveva intitolato la sua relazione principale: La psicoanalisi nell’epoca dello smarrimento: sul ritorno dell’oppresso. Inconsistenza, smarrimento… due definizioni del nostro tempo, date da un intellettuale e un tecnico, che il libro e la relazione illustrano brillantemente. Tra noi avevamo discusso più volte questo particolare momento storico anche al fine di programmare i seminari del prossimo anno. In effetti, assumendo come riferimento il filone degli studi freudiani sulla realtà sociale, il progresso delle scienze, i mutamenti nelle tecniche…, a partire da Considerazioni attuali sulla guerra e la morte (1915) fino all’ineguagliabile Il disagio della civiltà (1929), avevamo avvertito l’utilità di una riflessione sul nostro presente o, per dirla con Freud, su alcuni aspetti della nostra Civiltà. Abbiamo quindi programmato un certo numero di seminari in questa chiave a partire da Il pensiero politico negli scritti di Paul Parin (tenuto da Berthold Rothschild, affiancato eccezionalmente da Marianna Bolko in quanto analizzati entrambi da Parin); Osservazioni sulla normalità (Peter Cryle); Storia dei fattori di cura (Alessandro Garella); Le rimozioni fondative dell’istituzione islamica e il loro ritorno in epoca moderna (Fethi Benslama).
Fethi Benslama: Le rimozioni fondative dell’istituzione islamica e il loro ritorno in epoca moderna. Con l’invito a Fethi Benslama prosegue la liea di attenzione dei Seminari Internazionali e della nostra Rivista verso l’etnopsicoanalisi contemporanea. Dopo i contributi di Paul Parin, Tobie Nathan, Roberto Beneduce, Omar Ndoye, Piero Coppo, Salvatore Inglese, Alberto Merini e altri, ecco un autore forse meno noto in Italia ma che ricopre una posizione di rilievo sulla scena contemporanea. Fethi Benslama è uno psicoanalista di origini tunisine che da molto tempo vive e lavora a Parigi. Nella sua “carta di identità” troviamo la pubblica difesa di Salman Rushdie al tempo in cui fu colpito dalla fatwa pronunciata dall’Ayatollah Khomeini, il lavoro clinico sul campo con giovani islamisti in un consultorio di Saint-Denis, la redazione del manifesto contrario all’ideologia islamista Dichiarazione di non sottomissione, la fondazione di un Centro di deradicalizzazione per giovani francesi di ritorno dalla Siria. Soprattutto in Francia, Fethi Benslama è noto per una vigorosa polemica con Tobie Nathan innescata dalla pubblicazione su Le Monde di un suo articolo dal titolo “L’illusione etnopsichiatrica”. Fethi Benslama ci presenterà una relazione dal titolo “Le rimozioni fondative dell’istituzione islamica e il loro ritorno in epoca moderna”, una riflessione che prende l’avvio da una rivalutazione critica del testo freudiano “L’uomo Mosè e la religione monoteistica. Tre saggi” e ci mostra il collegamento tra l’ossessione della purezza delle origini e i fatti contemporanei.
Alex Pagliardini: Lembi di reale. Se il primo Lacan è “logocentrico” e privilegia il simbolico, giungendo a sostenere che “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”, in una fase successiva però, che si affianca senza rinnegarla alla precedente, la sua visione porge un’idea non idealistica dell’uomo come carne pulsionale soggetta alla pressione continua di una forza, e sempre confrontata con una forma di esistenza che, come il linguaggio, precede lui e la coscienza, e rinvia oltre un mondo umano e perciò culturale: il reale. Il reale, non definibile se non nel discorso filosofico psicoanalitico complessivo di Lacan, e non conoscibile se non per lembi, rinvia a qualcosa di impossibile, di irrecusabile, che incontriamo sempre inaspettatamente, e in modo non meno traumatico del linguaggio in quanto legame, marchio o taglio, o lalangue. Il reale, cui ci accostiamo con una modalità inaugurale di difesa, è la pulsione, l’evento, è il vuoto scavato dal linguaggio che circonda la cosa (das Ding), è assoluta immanenza, è il fuori senso, è ciò che sfugge al linguaggio, e verso cui si protendono il simbolico e l’immaginario come forme di elaborazione psichica di esso fondative dell’inconscio. L’uomo, così, non può sottrarsi al simbolico e al desiderio dell’Altro, ma neanche al confronto col reale, con un Uno che come l’Altro preesiste al soggetto ed è indipendente dall’Altro senza rifiutare di articolarsi con esso. Ma una psicoanalisi che si proponga come scopo principale non quello di dare senso, ma quello di affrontare il non senso, cioè di “toccare” il reale, può — essa soltanto — mettere in grado l’analizzante di non subirlo passivamente, ma di trovare il proprio modo di rapportarsi ad esso (elaborando quel che Lacan definirebbe il sinthomo).
Andrea Baldassarro: L’opera del negativo. Distruzione e costruzione della realtà. Con Andrea Baldassarro continuiamo a porre al centro della nostra attenzione il processo di riformulazione permanente della metapsicologia freudiana. Lo scorso anno René Kaës ci ha parlato della necessità di una “metapsicologia di terzo tipo”, capace di rendere conto dell’estensione del campo delle pratiche e della clinica della psicoanalisi. Con la relazione dal titolo “L’opera del negativo. Distruzione e costruzione della realtà”, Baldassarro, a partire dalla concezione freudiana del negativo e dalle riflessioni di André Green, ci offre l’occasione di un ripensamento complessivo della teoria psicoanalitica, e al tempo stesso di una sua possibile evoluzione e trasformazione. Il tema del negativo, secondo André Green, attraversa tutta l’opera freudiana a partire dalla nevrosi come negativo della perversione fino alla reazione terapeutica negativa, ed è evidente nella clinica tutta, soprattutto quella borderline. Sulla scia di Winnicott, di Bion e poi di Green, Baldassarro sottolinea la doppia funzione del negativo: strutturante e destrutturante in relazione alla pulsione di vita e alla pulsione di morte.
Berthold Rothschild e Marianna Bolko: La decisione di fare un seminario a Bologna sul pensiero politico di Paul Parin è motivato dall’attualità delle sue riflessioni sulle implicazioni antropologiche e sociali delle tesi elaborate in ambito psicoanalitico a partire da Freud. Parin, morto a 93 anni nel 2009 a Zurigo, è stato uno psicoanalista di professione. Le sue opere complete sono in corso di stampa in Austria. Gli psicoanalisti di professione sono tanti, ma Parin è stato innanzitutto un intellettuale mitteleuropeo a pieno titolo, legato alla pratica sociale in molti campi, come teatro, come scrittore premiato più volte. Fin qui saremmo nell’ambito della produzione di pensiero come lavoratore intellettuale, nel senso di Gramsci. Ma nonostante le limitazioni fisiche, il suo impegno politico si è manifestato anche in zone di guerra e di battaglia come nella guerra di Spagna e nelle lotte partigiane in Jugoslavia. Su PSU sono apparsi molti suoi scritti e più volte è venuto a Bologna come relatore ai seminari internazionali. L’ultima volta nel 1999 con un seminario dal titolo “Menzogne in tempo di pace”. Per il seminario previsto sono stati scelti alcuni suoi scritti pubblicati su PS. L’ultimo suo contributo “Brama di potere” è stato consegnato personalmente a M. Bolko per essere pubblicato poco prima della morte. Paul Parin è stato un pezzo importante del nostro percorso individuale e come gruppo.
Peter Cryle: L’idea di normalità è oggi così famigliare che è difficile immaginare la nostra vita senza questo concetto; è talmente inserito nel nostro modo di pensare che non ci facciamo neanche più caso, sebbene porti con sé quell’intreccio di senso comune, normatività, standard, convenzione, regolarità, e anche idealità in cui affonda le proprie radici. Sebbene l’ubiquità corrente del termine possa far pensare che il suo significato sia acquisito da molto tempo, la vita del concetto è sorprendentemente breve anche se molto diversificata. Va anzitutto considerato che per la maggior parte del 19o secolo la parola normale fu usata quasi esclusivamente in contesti scientifici, tant’è che i suoi antecedenti etimologici si possono rintracciare quando, a metà del ‘700, il termine apparve per la prima volta in geometria, come sinonimo meno usato di linea perpendicolare (o normale, appunto). Il termine “normale” cominciò ad assumere il suo significato moderno solo intorno al 1820 nei lavori francesi di anatomia comparata, per approdare poi agli studi medici dove sarebbe a lungo rimasto: frequentato e conteso tra gli ambiti di anatomia, statistica, antropologia criminale, psichiatria, sociologia ed eugenetica. Grazie agli studi di Michel Foucault, Georges Canguilhem e Ian Hacking, nessuno oggi metterebbe in dubbio che il termine normalità, utilizzato a partire dall’800 nella riflessione medica e passato di lì nel linguaggio comune, abbia contribuito in modo decisivo a pratiche di normalizzazione finalizzate a incanalare l’esistenza in modelli normativi funzionali alla logica del potere. Sulla scia di questi studi, e della loro importante ricaduta sulle attuali questioni di disabilità, genere, razza e sessualità, la riflessione di Peter Cryle ritorna sul concetto di normalità per rilanciare la necessità di una riflessione storica ancora più dettagliata, capace di farne capire meglio la sua persistente e sfuggente influenza rintracciando, nei passaggi della sua storia, ragioni e fortuna del suo emergere e del suo poliedrico volto.
Francesco Bottaccioli: La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) e l’epigenetica sono due settori di ricerca che negli ultimi anni hanno fatto straordinari passi avanti. Riguardo alla PNEI, è stato dimostrato che esiste un’autoregolazione della omeostasi biologica e psicologica in risposta a stimoli sia infettivi che psicosociali (tra i tanti esempi, si pensi alla importanza del “microbiota” umano, oggi tanto studiato). E l’epigenetica, grazie a studi fatti negli ultimissimi anni, ha dimostrato come certe influenze ambientali modificano l’espressione genica, con comparsa di malattie anche nelle generazioni successive (nonostante la prole venga allevata da famiglie adottive); non a caso, alcuni hanno parlato, provocatoriamente, di un “neo-lamarckismo”, con ovvie implicazioni per l’importanza della psicoterapia. Illustrerà questi temi Francesco Bottaccioli, che in un articolo del n. 2/2014 di Psicoterapia e Scienze Umane già aveva parlato a questo proposito della “rivoluzione che integra psicologia e medicina”; si veda anche l’articolo di Myron Hofer nel n. 1/2014, che aveva tracciato il percorso “da Freud all’epigenetica”, e le segnalazioni di due libri di Bottaccioli rispettivamente a pp. 681-683 del n. 4/2014 e a p. 160 del n. 1/2017.
Alessandro Garella: L’autore analizza i cambiamenti dei vari fattori terapeutici così come sono andati configurandosi negli anni a partire dalle ricerche di Freud, la loro diversa configurazione e importanza. L’autore arricchisce l’aspetto storico cercando di riferire tali cambiamenti a cambiamenti teorici e clinici.