Sándor Ferenczi sfidò tre capisaldi del sistema freudiano: la riduzione dei ricordi traumatici a fantasie; la non-partecipazione dell’analista; la teoria bio-psichica della donna come uomo castrato. Il processo di revisione fu lungo, sofferto e altalenante. L’importanza del trauma reale emerse negli anni della guerra, venne rinforzata dalla collaborazione con Rank, e acquisì piena maturità con la clinica dell’abuso sessuale infantile. La consapevolezza della partecipazione dell’analista si fece strada attraverso gli eccessi della tecnica attiva, per poi riorganizzarsi attorno allo studio delle reazioni emotive dell’analista alle ripetizioni del trauma originale. La teoria biologica della castrazione della donna fu l’ultima ad essere sfidata, e comportò la destituzione del Fallo dalla posizione di colonna portante e trono del sistema freudiano. Più in generale, dallo smantellamento di questi tre capisaldi nacque una nuova visione della psicoanalisi, basata su partecipazione e reciprocità, dissociazione e controtransfert, e la nuova metapsicologia della frammentazione della vita psichica.

Questa revisione radicale non è nata solo dalla esperienza clinica ma anche dall’incorporazione ed elaborazione inconscia delle lacerazioni  che attraversano sia l’opera che la personalità di Freud, che prese forma all’interno della fantasia condivisa si essere “il miglior erede” delle idee di Freud (Diario clinico, p. 283). Ferenczi non solo accolse in sé queste idee, ma divenne il recipiente in cui aspetti inconsci, non pensati, irrisolti e dissociati di queste idee hanno potuto essere incubati, fermentare, e infine ricombinarsi, ricevendo una formulazione più integrata. Come segnalato da Bollas (2011, p. xvi), Ferenczi “ha elaborato per Freud ciò che Freud non poteva tenere nella propria mente”.