L’Edipo, il transizionale, il sessuale, la reflessività.

Il Transizionale:   Si devono a Winnicott i concetti che contribuiscono all’individuazione e l’analisi delle condizioni di possibilità dell’appropriazione soggettiva tanto cliniche che metapsicologiche. Il concetto di “ transizionale” che propone non è stato forgiato solamente per render conto di una classe particolare di oggetti o di processi; verosimilmente introduce una rivoluzione paradigmatica nella concezione di lavoro psicoanalitico, centrandolo non tanto sulla scoperta di una verità nascosta, mascherata o rimossa, quanto piuttosto sulle condizioni dell’appropriazione soggettiva delle fondamenta inconscia della vita psichica.  Nel 1979 D. Anzieu e R. Kaes proposero i “ principi dell’analisi transizionale”.

La Riflessività.    Per i filosofi fino al XIX° secolo ed anche per gli psicologi dell’epoca, lo psichismo si definisce essenzialmente per la coscienza.  La coscienza  è considerata come la capacità della vita psichica di “auto-informarsi”. L’ipotesi di una vita psichica inconscia  costituisce uno dei “ Schimboleth” della psicoanalisi freudiana.  La rappresentazione della vita psichica non può più essere limitata  alla sola coscienza, deve ammettere l’esistenza di processi inconsci nel senso definito da Freud nell’”Interpretazione dei Sogni”. I processi inconsci, anch’essi, richiedono un certo livello di “ pensiero”e di riflessività; coscienza e riflessività non possono più essere totalmente sovrapposti come concetti, c’è una riflessività, ci sono processi auto-regolatori o auto-deregolatori che sono inconsci.

Il Sessuale.    Non resta che evocare la presenza del riferimento al sessuale nel  presente lavoro. Lo evochiamo di passaggio, evocando il posto degli oggetti libidicamente investiti nella costruzione delle capacità riflessive; la questione della riflessività è inseparabile dai legami che uniscono o hanno unito il soggetto ai suoi oggetti di investimento e dai nessi  intrapsichici che si sono costruiti in rapporto a tali legami. Il nesso psichico testimonia una forma di investimento, uno scambio e una ripartizione di investimento. Per sentirsi, e sentirsi bene, bisogna aver piacere a sentirsi, bisogna avere un piacere sufficente a sentirsi, bisogna aver incontrato un altro soggetto con cui condividere questo piacere a cui far riconoscere ciò che si sente.

Non è possibile parlare dei progressi in psicoanalisi  se contemporaneamente essa non  viene continuamente  riscoperta  nelle sue fondamenta teoriche e  nella clinica .  Nondimeno si  può  constatare che  l’evoluzione  avvenuta nelle formulazioni e nelle problematiche  affrontate è correlata alle modifiche indotte  dalla presa in carico delle sofferenze narcisistico- identitarie  e dalla comprensione dei processi psichici che si modulano sulle loro configurazioni cliniche.

Una mutazione essenziale che si evidenzia nella evoluzione  dei suoi paradigmi consiste nella  assunzione come questione primaria  dell’appropriazione avvenuta  da parte del soggetto delle profondità inconsce della vita psichica:  il lavoro di “soggettivazione”.

La definizione dei concetti che contribuiscono a facilitarne  l’individuazione e l’analisi delle condizioni  che la rendono possibile divengono problemi centrali. All’interno del  lavoro clinico svolto in questi anni e delle esplorazioni metapsicologiche compiute, l’autore presenta in questo seminario  due concetti di questa mutazione dei paradigmi, articolandoli al sessuale – che resta il riferimento fondamentale della metapsicologia: il transizionale e la riflessività. Questa indagine lo conduce ad approfondire la questione della transizionalità come condizione della riflessività. 

 

Prende in esame il lavoro  della pediatra ungherese E. Pinkler sulle prime attività di elaborazione e di metabolizzazione  dell’esperienza soggettiva del bebè, che considera la prima forma di “ libera asociazione” e lo collega a quelli che Winnicott ha chiamato oggetti e processi transizionali. In questo senso ritiene che ella descriva la prima attività transizionale nel senso inteso da Winnicott e nel contempo descriva anche  la prima forma di “ libera associazione”  cara a Freud e agli psicoanalisti.  In questa formulazione sono importanti due parole che definiscono l’attività: libera e spontanea. Più tardi si ritrova una traccia di questa attività primaria nelle forme più organizzate del gioco infantile, che Winnicott nomina “ play” . Nel play, tale il gioco del rocchetto descritto da Freud a proposito di suo nipote e del modo in cui questi mette in scena la scomparsa di sua madre, l’infante inscena qualcosa della sua esperienza vissuta, la “ simbolizza”  e così la trasforma e se ne appropria con l’aiuto della simbolizzazione.  D. Stern descrive una forma successiva del  libero  play : è con il linguaggio che esso si svolge, consiste nel tradurre in narrazione  certi avvenimenti della esperienza emozionale, una forma di narrazione –gioco dove appare la funzione transizionale. L’attività libera spontanea, la transizionalità è alla base di tutti i dispositivi terapeutici fondati sulla simbolizzazione.

La clinica degli oggetti “materiali” o “ materializzati”, degli oggetti “inanimati” e pertanto “intimi”  e della funzione che essi occupano nella regolazione della vita psichica, in particolare nei processi generati dalla simbolizzazione primaria e dai funzionamenti “ limite”occupa un posto particolare nell’approccio transizionale . L’analisi sviluppata nella relazione riprende ed amplia riflessioni precedenti sull’oggetto  “mediamente malleabile” (2001), essa mira ad inserire quest’ultimo nel campo dei processi “ riflessivi”. Winnicott ha attirato l’attenzione sull’utilizzazione psichica particolare che gli infanti possono fare di certi oggetti del loro ambiente immediato e che conferisce a questi oggetti un reale statuto di “ significante”. L’oggetto transizionale appare così come il “significante” di certi processi psichici , i processi “ transizionali”, di cui esso rappresenta la forma “ materializzata”.M. Milner ha descritto una classe di oggetti inanimati , gli oggetti mediamente malleabili, di cui ha precisato la funzione nella formazione del simbolo. Questi oggetti si presentano in maniera relativamente differente dal tradizione “ oggetto feticcio”descritti nella patologia della perversione e nel mondo dell’ “animismo” religioso. Nel lavoro di specificazione  della funzione di certi oggetti presenti nelle singole psicopatologie, in sintonia con le esplorazioni cliniche: “ oggetti autistici” ( Tustin), “ oggetti sfondo” (Haag), o nei processi inter o intrasoggettivi,  “ oggetti relazionali” ( Guérin), “oggetti trasformazionali “ ( Bollas). Queste descrizioni rimarcano un’oscillazione che è senza dubbio al centro dei problemi psicodinamici del rappoto della clinica agli oggetti inanimati.  Sono talora compresi nella loro funzione difensiva, non simbolica, talaltra all’inverso, si sottolinea la loro funzione di introduzione, di innesco, di mediazione o di mantenimento di certe forme primarie di simbolizzazione o di pre-simbolizzazione, sono allora considerate forme di “ significanti psichici” o che introducono alla “ significanza” psichica. Sono comunque descrizioni disparate, anche se sorrette da teorizzazioni di orientamento psicoanalitico: una problematica generale del rapporto del funzionamento psichico all’oggetto materiale deve ancora essere prodotta.