La teoria psicoanalitica del cinema
Cinema e psicoanalisi – sintagma ambiguo e improprio – è la dizione in uso in Italia (e non solo) per indicare due campi di ricerca tra loro correlati e intrecciati: la teoria psicoanalitica del cinema (Psychoanalytic Film Theory) e l’interpretazione psicoanalitica dei film.
In questa relazione ci occuperemo di che cos’è la teoria psicoanalitica del cinema.
I fondatori: Jean- Louis Baudry e Christian Metz in Francia tra la fine degli anni sessanta e gli anni settanta. Riprendono e approfondiscono una serie di riflessioni avvenute all’interno della «Revue Internationale de Filmologie» negli anni quaranta e cinquanta.
Tale teoria studia il rapporto tra lo schermo e lo spettatore dal punto di vista dei processi inconsci che la visione del film può mettere in moto. Quale schermo e quale spettatore?
Lo schermo è quello ipotizzato e descritto nel concetto di “dispositivo cinematografico classico”. Cambiamenti di tale dispositivo nell’ epoca contemporanea.
Lo spettatore è quel soggetto singolo (quindi non inteso come pubblico), scisso e pulsionale descritto dalla psicoanalisi.
Il dispositivo crea nello spettatore un «effetto cinema», descrivibile in termini meta psicologici: impressione di realtà; analogia con il sogno e con il sognatore; riattivazione delle scene formatrici, con effetti di identificazione e di proiezione, di voyeurismo e di feticismo. Lo spettatore assume di volta in volta tali posizioni che nella relazione saranno chiarite e approfondite.